II primato di Cristo

Il Signore Gesù è presentato come Colui che ha il primato nella creazione e nella redenzione (Cl. 1:15-20). La creazione e la redenzione sono indissolubilmente legati alla Sua signoria.

La libertà umana non può prescindere da essa. Essa non può essere pensata in astratto, ma può essere responsabilmente esercitata solo nella cornice della rivelazione e nella sottomissione a Cristo in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza.

(a) Nella creazione

"Egli è l'immagine dell'invisibile Iddio, primogenito d'ogni creatura, poiché‚ in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le invisibili, troni dominazioni, principati, potestà; tutto è stato creato per mezzo di lui ed in vista di lui; ed egli esiste prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (15-17). 

(b) Nella redenzione

"Ed egli è il capo del corpo, cioè della chiesa. Egli è il principio, il primogenito dai morti onde in ogni cosa abbia il primato. Poiché in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza e per mezzo di lui riconciliare a lui tutte le cose avendo fatto la pace mediante il sangue della croce d'esso per mezzo di lui tanto le cose sulla terra quanto quelle che sono nei cieli" (18-20).

Un testo del genere sottolinea come con la redenzione si abbia una nuova Genesi e come la Chiesa rappresenti ormai la nuova umanità (cfr. Cl. 3:10,11). Il Signore Gesù è pienamente sufficiente sia al mondo creato sia a quello redento.

Il Signore Gesù è risorto per avere preminenza su tutta la realtà (Cl. 1:13-18). Ogni pensiero deve dunque essere tratto all'ubbidienza di Cristo (2Co. 10:5) in cui tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti (Cl. 2:3).

Gesù è presentato come "il principe dei re della terra" (Ap. 1:5) e si può quindi capire come egli possa affermare di possedere ogni autorità in cielo ed in terra (Mt. 28:18-20).

Poiché‚ Cristo è Signore nel campo della creazione come in quello della redenzione, i cristiani possono far sì che la loro identità cristiana abbia rilevanza sul piano civile senza per questo essere distorta da tale impegno. Si deve dunque riconoscere la legittimità di una comunicazione tra l'ambito della redenzione e quello della creazione. Il primato di Cristo implica la sua piena sufficienza per le esigenze del mondo creato.

II.23 L'universalità del diritto di Dio. Un altro tema molto presente nella Scrittura è quello dell'universalità del diritto di Dio. Poiché‚ il mondo è il mondo di Dio, non v'è nulla che possa essere considerato estraneo a lui o possa comunque ritenersi autonomo nei suoi confronti. Accanto a Dio non vi sono altri signori e questo concerne sia il mondo celeste sia quello terrestre. Ogni realtà ha un'esistenza dipendente.

La distinzione tra Chiesa e Stato che l'AT e il NT insegnano non implica mai l'estraneità dello stato alla legge di Dio. La vita è fondamentalmente una e possiede un unico centro. Tale centro è al di fuori di essa.

Questa prospettiva costituisce la premessa indispensabile per l'intelligibilità del reale. La realtà creata non ha criteri d'autorità diversi, ma uno solo. Siccome la ragione procede per analogia non si possono avere criteri diversi o contrapposti, perché in tal caso la stessa realtà non potrebbe più essere compresa. Invece, proprio perché Dio è l'unico Signore, l'uomo può osservare la realtà creata e comprenderla in quanto è riconducibile ad un campo unitario.

Ciò ha importanti conseguenze per quanto concerne la legge ed il giudizio di Dio. Dio si presenta come il "giudice delle nazioni" (Is. 2:4). Se i re possono regnare ed emettere giusti decreti, volenti o nolenti lo devono a Dio (Pr. 8:15,16). Nessuna nazione ha dunque il diritto di considerarsi estranea alla volontà di Dio. Non v'è stato al mondo che possa legittimamente considerarsi fuori dal dominio di Dio e possa quindi sottrarsi alla sua legge ed al suo giudizio (Sl. 22; Pr. 8:15,16; Fl. 2).

Le nazioni sono chiamate a riconoscere Dio e a osservare i suoi principi di giustizia (Le. 18:24-30; Pr. 14:34; 16:12; Sl. 110:5). I profeti esortano le nazioni a non allontanarsi dal diritto di Dio. Così un re pagano come Artaserse è sollecitato a applicare la Sua legge (Ed. 7:11-28). Tutto questo permette a Paolo d'affermare che tutto sarà giudicato dalla legge divina (Ro. 1-3).

La Sua legge e il Suo giudizio sono applicabili, perché il mondo di Dio non può essere diviso e sottratto al diritto di Dio. Se si suppone una diversa base per la conoscenza, si deve anche dedurre un diverso criterio per giudicare, ma la Scrittura non lascia intendere nulla di simile.

A questo punto può essere utile distinguere crimine e peccato. Il crimine è ciò che offende il prossimo, il peccato, ciò che offende Dio. Davanti a Dio ogni crimine è peccato, ma non ogni peccato è un crimine. Ciò significa che non vi deve essere un appiattimento tra i due. Non osservare l'anno sabatico ai tempi di Mosè‚ era un peccato, ma non un crimine da punire (Nu. 25:1-). In diversi casi Dio interveniva direttamente per punire i peccati (Le. 10:2). Lo stato è abilitato a punire i crimini perché‚ essi riguardano le relazioni tra gli uomini, mentre Dio può anche punire il peccato. I peccati contro Dio sono punibili solo da lui (14).  

II.24 La distinzione delle istituzioni. La rivelazione biblica induce a circoscrivere l'autorità e le competenze dei vari istituti. Bisogna che ciascuno limiti la propria azione all'interno di certe frontiere e che non ne scavalchi i limiti. Se non fosse così non si capirebbe il giudizio radicale che colpisce persone come Saul e Uzzia per citare solo due esempi. Saul che invade il campo di competenza di Samuele commette un atto di inaudita gravità. I re non sono nè giudici, nè sacerdoti e ciascuno deve guardarsi dall'invadere il terreno altrui.

A livello strutturale si deve riconoscere l'ordine in cui Dio ha creato il mondo. Nessuna istituzione deve prendere il posto che compete alle altre. La scuola, la società, lo stato, la chiesa, la famiglia, ecc. non devono sovrapporsi le une alle altre. Dio ha creato tali strutture perché‚ si reggano in modo indipendente. La società è come un giardino con diverse piante e nessuna di esse dovrebbe essere un parassita che sfrutta la vita dell'altra. Ciascuna deve avere il proprio terreno.

Tutti gli uomini vivono nel contesto di relazioni ordinate da Dio e ogni attività umana ha un suo proprio ambito per consentire all'uomo di realizzarsi in quello specifico contesto. La chiesa non deve per esempio definirsi in base al riconoscimento dello stato, ma solo in forza della propria confessione di fede. Come tale essa deve governarsi in modo indipendente dallo stato in cui esiste. Lo stato ha uno scopo specifico e limitato. Esso è circoscritto dalle altre realtà e non deve pretendere di trovare in sé stesso la propria autorità perché allora si porrebbe come realtà assoluta. All'inizio non v'è invece nè la chiesa, nè lo stato, ma Dio.

I magistrati sono "ministri di Dio" (Ro. 13:4) e in quanto tali non rispondono solo agli uomini del loro operato, ma a Dio stesso. Il magistrato non possiede un'autorità intrinseca, perché l'autorità non è un dato naturale. L'autorità proviene solo da Dio e solo Lui può delegare. Gesù dice a Pilato "Tu non avresti alcun potere su me se non ti fosse dato dall'alto" (Gv. 19:11). Ciò significa che nessuno può avanzare diritti su altri a partire dai propri convincimenti. Quando questo avviene, quando lo stato si considera autonomo, diventa qualcosa di bestiale (Ap. 13). Lo stato deve semplicemente favorire il coordinamento delle diverse realtà esistenti al proprio interno e non dominarle.

Vi è un dominio di competenza del sovrano e un altro che non è di sua competenza. Cesare ha a che fare col denaro e le tasse, ma non deve andare al di là di questi limiti. Il Signore Gesù non diede le chiavi del regno a Cesare, nè la spada a Pietro. Egli agiva sulla base di una distinzione. Allo stato non bisogna dunque riconoscere un'autorità che non gli compete e ogni illecita pretesa di potere andrebbe stigmatizzata.

È d'altro lato evidente come non si possa limitare il messaggio cristiano a una sola sfera, ma come esso debba incidere su tutte le strutture. L'ordine di Dio di sottomettere la terra è ancora valido e a causa della redenzione non è una semplice utopia. L'uomo nel peccato ha perso il diritto e la capacità di dominare la realtà, ma l'uomo in Cristo ha il dovere di ubbidire all'ordine di Dio. Egli non può abbandonare le varie istituzioni a loro stesse senza venir meno al comandamento di Dio. Egli deve dunque lavorare per la loro trasformazione. Non deve fuggire dalle istituzioni per raggiungere Dio, ma lavorare perché esse siano cambiate e consacrate a Dio.

II.25 I criteri operativi. Per evitare che le affermazioni che precedono si riducano a qualcosa d'astratto e sfuggente bisogna fare un passo di più. Bisogna dunque tratteggiare quei criteri operativi che nella Scrittura sembrano rappresentare dei guardrail generali.

Il diritto di Dio è prima di tutto legato alla verità. I comandamenti di Dio sono veri non solo perché coincidono con la realtà, ma anche perché vale la pena vivere in conformità a essi nella propria vita. La verità non è semplicemente un concetto, ma ciò che si deve fare, ciò in cui bisogna camminare (Sl. 26:3; 86:11). Per essere veri bisogna essere interamente affidabili. Una comunicazione volta a ottenere risultati contro la verità è inaccettabile così come è inaccettabile la calunnia e la distorsione dei fatti.

Strettamente unito al criterio della verità c'è quello della solidarietà. Il misero e l'orfano, l'afflitto e il povero, sono i beneficiari dell'interesse divino. In questo contesto si deve capire l'opzione di Dio per i deboli e gli oppressi. Non si tratta di privilegiare i poveri perché sarebbero migliori o più santi dei ricchi. La povertà non è un mezzo di grazia, nè una via preferenziale per essa. Dio non difende il debole sulla base di un giudizio di carattere spirituale, ma nell'ottica del servizio. Lo stato è chiamato a rendere un simile servizio in nome della giustizia pubblica e della solidarietà. L'interesse di Dio riguarda l'equità e la solidarietà che devono caratterizzare le relazioni umane.

Da notare comunque che poiché ciò che conta è la giustizia di Dio non si tratta di privilegiare il povero rispetto al benestante. Levitico 19:15 insegna che non si deve commettere iniquità nel giudicare, per cui "non avrai riguardo alla persona del povero, nè tributerai speciale onore alla persona del potente, ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia". L'autorità è un canale per l'affermazione delle norme divine di giustizia nelle relazioni sociali. Quando essa rimane fedele a tale ruolo costituisce una protezione dagli attacchi delle forze del male.

Il terzo criterio operativo che si può evocare è quello della giustizia. Dio vuole la giustizia. La Scrittura risuona del messaggio del diritto e della giustizia. Si tratta di due imperativi paralleli (Am. 5:24). Essi esprimono il cuore della buona notizia e non devono essere separati come se appartenessero a mondi diversi. La Scrittura insegna che "giustizia e diritto sono la base" del trono di Dio (Sl. 89:14).

La Scrittura insiste sul fatto che Dio è profondamente coinvolto nella giustizia che viene praticata tra gli uomini (Sl. 82:1-4). Simbolicamente i giudici e i magistrati sono proprio definiti col termine di "dèi"! E questo dà un'idea della responsabilità e dello stretto collegamento con il Giudice di tutta la terra.

Verità, solidarietà (clemenza) e giustizia sono associati all'avanzare trionfante di Dio sul suo carro. "Avanza maestoso sul carro per la causa della verità, della clemenza e della giustizia" (Sl. 45:4). L'associazione dei tre temi fa pensare alla necessità di un equilibrio tra loro. Verità, solidarietà e giustizia fanno infatti parte di un trinomio e devono essere collegate tra loro. È noto come ideali di verità possano allontanare la giustizia e come la giustizia possa vanificare la solidarietà. Grazie a Colui che avanza maestoso sul carro si possono coniugare.  

Cosa crediamo

Presentazione dei lineamenti dottrinali

Gli articoli di fede nella loro formulazione attuale approvata nella XXVII Assemblea Generale del 1979 con le precisazioni ratificate dalla XXXVIII Assemblea Generale del 1999 (simile a una assemblea condominiale opinabile), riproducono nella sostanza quelli accettati nel primo Convegno Nazionale, tenutosi a Roma nel lontano ottobre 1928, che fu in realtà l'Assemblea Costitutiva delle nostre Chiese.

Le note esplicative intendono chiarire ulteriormente la nostra professione di fede che è sempre stata, e rimane, cristiana, evangelica e di fede pentecostale.

Quando parliamo di "lineamenti dottrinali" non riteniamo con questa definizione affermare che essi contengano tutte le dottrine bibliche, ma soltanto quelle fondamentali riguardanti la rivelazione di Dio per la salvezza eterna dell'uomo e per l'esercizio del ministerio cristiano secondo "Tutto l'Evangelo".

Le Scritture ispirate

"CREDIAMO ED ACCETTIAMO L'INTERA BIBBIA COME PAROLA DI DIO ISPIRATA, UNICA, INFALLIBILE ED AUTOREVOLE REGOLA DELLA NOSTRA FEDE E DELLA NOSTRA CONDOTTA"
(II TIMOTEO 3:15-17; II PIETRO 1:21; ROMANI 1:16; I TESSALONICESI 2:13).

Con questa dichiarazione si intende affermare che l'unico fondamento della nostra fede è la Bibbia, legge perfetta mediante cui vivere ed operare. Essa contiene tutto ciò che è necessario per la salvezza dell'uomo; per questo riteniamo di non poter accettare alcuna dottrina che non sia esplicitamente dichiarata ed approvata in essa. "Non ci occorre altro", è questa la nostra risposta ad ogni altro credo che non tragga la sua origine e non ponga il proprio fondamento sulla Parola di Dio.

Con l'espressione "l'intera Bibbia", o Sacra Scrittura, indichiamo ed accettiamo quei libri canonici dell'Antico Testamento, sull'autenticità dei quali non vi è mai stato alcun dubbio.

Accettiamo l'Antico Testamento, composto da 39 libri riconosciuti dagli Ebrei, confermati da Cristo e dagli Apostoli (originariamente divisi in 22 libri), in quanto "a loro furono affidati gli oracoli di Dio" Essi sono:

Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Ruth, I Samuele, II Samuele, I Re, II Re, I Cronache, II Cronache, Esdra, Nehemia, Ester, Giobbe, Salmi, Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Isaia, Geremia, Lamentazioni, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia.

Accettiamo il Nuovo Testamento, composto di 27 libri che sono:

Vangelo secondo Matteo, Vangelo secondo Marco, Vangelo secondo Luca, Vangelo secondo Giovanni, Atti degli Apostoli, Epistole di Paolo Apostolo: ai Romani, I Corinzi, II Corinzi, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi, I Tessalonicesi, II Tessalonicesi, I Timoteo, II Timoteo, Tito, Filemone, Epistola agli Ebrei, Epistola di Giacomo, I Epistola di Pietro Apostolo, II Epistola di Pietro Apostolo, I Epistola di Giovanni Apostolo, II Epistola di Giovanni Apostolo, III Epistola di Giovanni Apostolo, Epistola di Giuda, Apocalisse di Giovanni.

Crediamo che la Bibbia sia assolutamente indispensabile per avere la rivelazione completa di Dio, in quanto la natura, pur manifestando "le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità" non è sufficiente ad indurre l'uomo ad adorare Dio in "ispirito e verità" L'umanità "non ha conosciuto Dio con la propria sapienza" e per questa ragione ha bisogno di una rivelazione attendibile come quella che ci viene data dalla Bibbia.

Con l'espressione "ispirata Parola di Dio", intendiamo riferirci alla "influenza soprannaturale dello Spirito di Dio, che ha spinto gli scrittori sacri a scrivere verità divine senza errori". Per questa ragione, crediamo che lo Spirito Santo abbia utilizzato tutte le facoltà umane e abbia operato per mezzo di esse, preservando le caratteristiche proprie della loro personalità, in un rapporto di meravigliosa ed insondabile collaborazione tra lo Spirito di Dio e gli scrittori sacri.

Quando affermiamo che la Bibbia è "l'unica infallibile ed autorevole regola della nostra fede e della nostra condotta", dichiariamo di credere nell'ispirazione verbale e plenaria delle Scritture.

UNICA - in quanto costituisce la sola attendibile, indispensabile e completa rivelazione di Dio all'umanità e, in particolare, affinché siano certi della vita eterna quanti credono nel nome del Figliuolo di Dio.

INFALLIBILE - in quanto ispirata sia nei pensieri, sia nelle parole dall'unico Autore della rivelazione, lo Spirito Santo. Poiché Dio è perfezione, verità ed amore, ne consegue l'assoluta e totale infallibilità della rivelazione biblica. "Tutta la Scrittura... (ogni Scrittura) è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia".

AUTOREVOLE - in quanto riconosciamo alle Scritture l'assoluta autorità in materia di fede e di condotta quale norma esclusiva e fondamento della nostra fede e della nostra vita comunitaria ed individuale.

Poiché crediamo all'ispirazione verbale e plenaria delle Sacre Scritture, accettiamo unicamente la traduzione dai testi originali nelle attuali versioni evangeliche in lingua italiana "Giovanni Diodati", "Riveduta" e "Nuova Riveduta". Altre traduzioni della Bibbia che utilizzano metodi diversi da quello letterale, nell'intento di renderne più accessibile ed immediato il contenuto, giungono molto spesso, invece, ad indebolire e quindi a travisare il significato di alcuni termini e di interi passi biblici, sono usate soltanto come strumento di studio e di confronto.

L'unico vero Dio

"CREDIAMO NELL'UNICO VERO DIO, ETERNO, ONNIPOTENTE, CREATORE E SIGNORE DI TUTTE LE COSE E CHE NELLA SUA UNITÀ VI SONO TRE DISTINTE PERSONE: PADRE, FIGLIO E SPIRITO SANTO"

(EFESINI 4:6; MATTEO 28:19; LUCA 3:21, 22; I GIOVANNI 5:7).

Affermiamo dunque che l'Unico vero Dio, ha manifestato Sé stesso come l'autoesistente "Io sono" (Yahweh), il Creatore del cielo e della terra, il Redentore dell'umanità che si è rivelato come Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il termine "Persone" relativo a Dio, è l'unica definizione che consente di esprimere, in termini specifici, ciò che Cristo ha insegnato; ma la distinzione che introduce è inspiegabile in quanto inscrutabile e incomprensibile.

Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono mai identici come Persona, né confusi come rapporto. Il Figlio è con il Padre e il Padre è con il Figlio, riguardo alla comunione. Il Padre non è dal Figlio, ma il Figlio è dal Padre, riguardo all'autorità.

Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, riguardo alla natura, alla relazione, alla collaborazione e all'autorità. Perciò nessuna delle Persone della Deità esiste od opera separatamente o indipendentemente dalle altre.

Le tre Persone della Trinità sono Uno. Esse sono unificate nella loro natura essenziale, ma hanno tre centri di coscienza. Non sono tre Divinità separate, ma neanche una sola Persona. Esse sono "tre persone in una sola essenza".

Le tre Persone della Trinità sono Uno in volontà e scopo. Esse collaborano insieme nella creazione ed operano insieme nella nuova creazione: la "nuova nascita". Sono Uno nella loro gloria ed Ognuna è degna di ricevere la stessa misura di adorazione e di riverenza.

L'unità divina è composita e in essa vi sono realmente tre Persone distinte, ognuna delle quali è supremamente cosciente delle altre due. Le tre Persone cooperano insieme con una mente ed uno scopo, perciò sono Uno nel senso più vero del termine. Il Padre crea; il Figlio redime e lo Spirito Santo santifica; tuttavia in ognuna di queste azioni sono tutte e tre presenti.

La Sacra Scrittura presenta i seguenti attributi ed atti divini di ogni Persona della Trinità:

Ogni Persona è creatrice;

Ogni Persona divina è chiamata Yahweh;

Ogni Persona divina è onnipresente;

Ogni Persona divina è sorgente di vita;

Ogni Persona divina: risuscitò Cristo; risuscita i morti; abilita al ministerio cristiano; santifica il popolo di Dio.

Ulteriori prove del fatto che lo Spirito Santo è una Persona sono fornite dai Suoi titoli contenuti nella Bibbia, come "Paracleto, Consolatore" Egli è una Persona per le opere che compie, infatti: insegna; prega; ordina; opera miracoli; nomina dei predicatori e li guida; predice; rivela le cose profonde di Dio. Nessuna influenza impersonale o energia potrebbe compiere questi atti.

La Sacra Scrittura attribuendo vari nomi allo Spirito Santo, descrive e sottolinea diversi aspetti della Sua natura, della Sua opera e del Suo ministerio. Egli è chiamato:

Lo Spirito di Cristo perché è mandato nel nome di Cristo e la Sua missione particolare è quella di glorificare Cristo. Per mezzo di Lui Gesù Cristo glorificato dimora nella chiesa ed in ogni singolo credente;

Il Consolatore o "Paracleto" è vicino al credente per aiutarlo;

Lo Spirito Santo perché è Santo nella Sua natura ed una delle Sue opere principali è la santificazione del credente;

Lo Spirito della Grazia perché contendendo con l'individuo gli impartisce grazia per ravvedersi e potenza per la santificazione, la perseveranza e il servizio cristiano;

Lo Spirito della Vita per la Sua funzione speciale nella divinità e la creazione e preservazione della vita naturale e spirituale;

Lo Spirito di Adozione perché è Colui che testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio.

Il Signore Gesù Cristo

"CREDIAMO CHE IL SIGNORE GESÙ CRISTO FU CONCEPITO DALLO SPIRITO SANTO ED ASSUNSE LA NATURA UMANA IN SENO DI MARIA VERGINE E CHE EGLI È VERO DIO E VERO UOMO"

(GIOVANNI 1:1, 2, 14; LUCA 1:34,35; MATTEO 1:23).

Affermiamo dunque che l'Unico vero Dio, ha manifestato Sé stesso come l'autoesistente Il titolo "Signore Gesù Cristo" è un nome proprio. Non è mai applicato nel Nuovo Testamento al Padre o allo Spirito Santo. Perciò appartiene esclusivamente al Figlio Il Signore Gesù Cristo, riguardo alla Sua natura divina ed eterna, è propriamente ed unicamente l'Unigenito del Padre, ma riguardo alla Sua natura umana, è propriamente anche il Figlio dell'Uomo. Egli è perciò riconosciuto essere Dio e uomo; ed essendo Egli Dio e uomo, è l'"Emmanuele", Dio con noi

Poiché il nome "Emmanuele" abbraccia sia Dio, sia l'uomo in una Persona, il nostro Signore Gesù Cristo, ne consegue che il titolo "Figlio di Dio" descrive la Sua propria divinità ed il titolo "Figlio dell'Uomo", la Sua propria umanità. Perciò il titolo "Figlio di Dio" Gli appartiene nell'ordine dell'eternità ed il titolo, "Figlio dell'Uomo", Gli appartiene nell'ordine del tempo

Noi credenti possiamo divenire figli di Dio mediante la nuova nascita, ma Gesù è il Figlio di Dio in senso esclusivo da tutta l'eternità. Gesù chiarì questa verità nel modo in cui si esprimeva con il Padre. Egli non disse mai: "Padre nostro" quando includeva Sé stesso. Egli chiamò il Padre "Padre mio" e parlò ai discepoli del "Padre vostro". Perciò, Cristo Gesù non ha derivato il titolo "Figlio di Dio" soltanto dal fatto dell'incarnazione o dalla Sua relazione con l'economia della redenzione.

Negare che il Padre è vero ed eterno Padre, e che il Figlio è vero ed eterno Figlio, è una negazione della distinzione e del rapporto nell'essere stesso di Dio; una negazione del Padre, del Figlio e della verità che Gesù Cristo sia venuto in carne

Crediamo dunque che in Cristo Gesù coesistano due nature: quella divina e quella umana, unite insieme nella stessa Persona, senza confusione, né separazione, né mutamento, serbando ciascuna le proprie distinte caratteristiche, e quindi che Gesù Cristo è allo stesso tempo vero Dio e vero uomo.

Affermiamo altresì che la natura umana, per virtù dello Spirito Santo, esprime il miracolo sublime ed inspiegabile dell'incarnazione con la nascita verginale di Cristo mediante la quale Egli assunse, nel seno di Maria, unicamente la natura umana per essere il "solo Mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, il quale diede sé stesso qual prezzo di riscatto per tutti"

La divinità del Signore Gesù

"CREDIAMO NELLA SUA VITA SENZA PECCATO, NEI SUOI MIRACOLI, NELLA SUA MORTE VICARIA, COME 'PREZZO DI RISCATTO' PER TUTTI GLI UOMINI, NELLA SUA RISURREZIONE, NELLA SUA ASCENSIONE ALLA DESTRA DEL PADRE, QUALE UNICO MEDIATORE, NEL SUO PERSONALE ED IMMINENTE RITORNO PER I REDENTI E POI SULLA TERRA IN POTENZA E GLORIA PER STABILIRE IL SUO REGNO"
(I PIETRO 2:22; II CORINZI 5:21; ATTI 2:22; I PIETRO 3:18; I TIMOTEO 2:5, 6; ROMANI 1:4; 2:24; I CORINZI 15:4; ATTI 1:9-11; GIOVANNI 14:1-3; I CORINZI 15:25).

Il Signore Gesù Cristo è l'eterno "Figlio di Dio". Le Sacre Scritture dichiarano:

La Sua vita immacolata. Egli infatti è "santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori... Egli che non commise peccato e nella cui bocca non fu trovata alcuna frode".

I Suoi miracoli. "Iddio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza; egli è andato attorno facendo del bene, e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo".

La Sua morte vicaria sulla croce, cioè che Egli ha preso il posto di noi peccatori. "Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture" "Colui che non ha conosciuto peccato, Egli (Dio) lo ha fatto essere peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui" Il Suo sacrificio espiatorio ha valore, senza alcuna distinzione per tutti gli uomini.

La Sua risurrezione corporale dai morti. Cristo "dopo ch'ebbe sofferto, si presentò vivente con molte prove" agli Apostoli che aveva scelto "facendosi vedere da loro per quaranta giorni e ragionando delle cose relative al regno di Dio".

La Sua ascensione ed esaltazione alla destra di Dio. "Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre".

Il Suo imminente ritorno. Infatti Gesù ha promesso: "Tornerò, e vi accoglierò presso di me." Gli angeli promisero che "questo Gesù che è stato tolto da voi e assunto in cielo, verrà nella medesima maniera che l'avete veduto andare in cielo"

Ben 318 riferimenti del Nuovo Testamento parlano del ritorno del Signore, indicandolo come "la beata speranza" della Chiesa, "l'apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù"

La risurrezione di coloro che sono morti in Cristo e la loro traslazione insieme con i credenti viventi e rimasti fino alla venuta del Signore, costituiscono l'imminente compimento della "beata speranza" cristiana.

Gli eventi che seguiranno culmineranno con il riconoscimento della Signoria di Cristo da parte dell'intera umanità.

Gli angeli

La salvezza

"CREDIAMO CHE SOLTANTO IL RAVVEDIMENTO E LA FEDE NEL PREZIOSO SANGUE DI CRISTO, UNICO SOMMO SACERDOTE, SIANO INDISPENSABILI PER LA PURIFICAZIONE DAL PECCATO DI CHIUNQUE LO ACCETTA COME PERSONALE SALVATORE E SIGNORE"

(ROMANI 3:22-25; ATTI 2:38; I PIETRO 1:18, 19; EFESINI 2:8).

L'uomo fu creato da Dio senza peccato, come essere morale e libero, quindi con potere di scelta. Tuttavia egli cadde per una trasgressione volontaria incorrendo così non soltanto nella morte fisica, ma anche in quella spirituale, che è separazione da Dio. Per questa ragione, per riconciliarsi con Dio, l'uomo ha bisogno della purificazione dal peccato, che si ottiene mediante il ravvedimento come aspetto umano della salvezza e al quale esortava Cristo con le parole: "Ravvedetevi e credete all'Evangelo".

Il ravvedimento non è un atto esteriore e formale che si collega a qualche rito particolare, ma è mutamento di mente e di cuore, è pio dolore per il peccato commesso e decisione di abbandonarlo per sempre. Questa decisione è accompagnata dalla fede attiva donata da Dio al credente che si dispone ad accettare Cristo come Salvatore. Infatti, questa fede, o fiducia totale, nell'opera redentrice che Cristo ha compiuto sulla croce versando il Suo sangue e donando la Sua vita per il peccatore, non viene da noi ma è il dono di Dio.

La rigenerazione

La rigenerazione

"CREDIAMO CHE LA RIGENERAZIONE (NUOVA NASCITA) PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO È ASSOLUTAMENTE ESSENZIALE PER LA SALVEZZA"
(GIOVANNI 1:12,13; 3:3; I PIETRO 1:23; TITO 3:5).

La "nuova nascita" o rigenerazione è l'esperienza che rende l'uomo partecipe della natura divina e lo fa nascere nella famiglia di Dio: "A tutti quelli che l'hanno ricevuto egli (Cristo) ha dato il diritto di diventare figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome";. "Egli (Cristo) ci ha largito le sue preziose e grandissime promesse onde per mezzo loro voi foste fatti partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo, per via della concupiscenza". La rigenerazione, o nuova nascita, non è una riforma o un miglioramento della vecchia natura, ma è una creazione nuova. Infatti, "se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie son passate: ecco, sono diventate nuove". La vita nuova si manifesta ricevendo Cristo come Salvatore, si evidenzia interiormente con il perdono dei peccati e la certezza della vita eterna, sulla base delle promesse di Cristo espresse nell'Evangelo e nella diretta testimonianza dello Spirito Santo. Infatti, "lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio... eredi di Dio e coeredi di Cristo...".

L'evidenza esteriore di questa esperienza è una vita di giustizia e santità che consente di "rinunciare all'empietà e alle mondane concupiscenze, per vivere in questo mondo, temperatamente, giustamente e piamente".

La guarigione divina

Il battesimo nello Spirito Santo

"CREDIAMO AL BATTESIMO NELLO SPIRITO SANTO, COME ESPERIENZA SUSSEGUENTE A QUELLA DELLA NUOVA NASCITA, CHE SI MANIFESTA, SECONDO LE SCRITTURE, CON IL SEGNO INIZIALE DEL PARLARE IN ALTRE LINGUE E, PRATICAMENTE, CON UNA VITA DI PROGRESSIVA SANTIFICAZIONE, NELL'UBBIDIENZA A TUTTA LA VERITÀ DELLE SACRE SCRITTURE, NELLA POTENZA DELL'ANNUNCIO DI "TUTTO L'EVANGELO" AL MONDO"

(ATTI 2:4; 2:42-46; 8:12-17; 10:44-46; 11:14-16; 15:7-9; 19:2-6; MARCO 16:20; GIOVANNI 16:13; MATTEO 28:19,20).

Il battesimo nello Spirito Santo, come esperienza distinta e susseguente a quella della rigenerazione, è esplicitamente dimostrato dall'esperienza dei discepoli del Signore e dei cristiani dell'era apostolica. Infatti Gesù ordinò "di attendere quello che il Padre aveva promesso" ai Suoi quando erano già nati di nuovo e convertiti. Egli aveva detto loro "voi siete netti" e "voi già siete mondi a motivo della Parola che vi ho annunciata". Gesù aveva affermato che i loro nomi erano scritti in cielo (Luca 10:20) e, risorto, "soffiò su loro e disse: ricevete lo Spirito Santo". Il verbo "soffiò" non si incontra altrove nel testo greco originale del Nuovo Testamento, ma è il medesimo usato nella Versione Greca dei LXX per tradurre Genesi 2:7, dove è detto che dopo aver formato l'uomo dalla polvere della terra Dio "gli soffiò nelle narici un alito vitale". Cristo dunque, con questa parola si identifica totalmente con Yahweh.

"Gesù non fa qui una semplice promessa, non dà solo un segno di quanto doveva accadere alla Pentecoste; ma comunica realmente lo Spirito Santo, come caparra o primizia della maggiore e più gloriosa effusione, che doveva avvenire alla Pentecoste. A chi domanda quale relazione passi fra questa effusione dello Spirito e quella che avvenne alla Pentecoste, così rispondono Moulton e Milligan: "Il dono presente si riferisce alla vita interna degli apostoli; il dono futuro, alla loro preparazione più esterna per l'opera; ora il Signore vuole farli salire ad un grado superiore di vita spirituale, illuminando e vivificando la loro anima; alla Pentecoste li renderà atti a produrre un effetto sugli altri"

Tuttavia, essi dovettero attendere d'esser rivestiti della potenza dall'alto e Gesù stesso dichiarò: "Voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra non molti giorni".

La stessa predicazione di Pietro presenta lo schema cronologico dell'esperienza cristiana: "Ravvedetevi, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo (cioè con la Sua autorità), per la remissione dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Poiché per voi è la promessa, e per i vostri figliuoli, e per tutti quelli che son lontani e per quanti il Signore Iddio nostro ne chiamerà".

Dei credenti di Samaria è detto: "Quando ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furono battezzati, uomini e donne... Or gli apostoli ch'erano a Gerusalemme avendo inteso che la Samaria aveva ricevuto la Parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni. I quali, essendo discesi là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo". È evidente, anche in questo caso, l'identica cronologia delle diverse fasi della genuina esperienza cristiana.

Gli stessi aspetti si possono distinguere nella conversione di Cornelio, il quale, mentre Pietro annunciava il messaggio della salvezza, credette insieme con "tutti coloro che udivano la Parola", i quali furono rigenerati e poi battezzati nello Spirito Santo, "poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio".

La conversione di Paolo e quella dei discepoli di Efeso confermano che l'esperienza biblica del battesimo nello Spirito Santo è susseguente a quella della nuova nascita. Credere che il segno iniziale del battesimo nello Spirito Santo sia il parlare in altre lingue (glossolalia), "secondo che lo Spirito di Dio dà d'esprimersi", è anche questo conforme all'insegnamento del Nuovo Testamento. Infatti:

Tutti i credenti, che si trovavano nell'alto solaio il giorno della Pentecoste, furono ripieni dello Spirito Santo e "cominciarono a parlare in altre lingue secondo che lo Spirito dava loro d'esprimersi";

A Samaria, anche se non viene espressamente dichiarato che i credenti battezzati nello Spirito Santo parlassero in altre lingue, risulta implicito il fatto che vi sia stata una manifestazione esteriore, tanto che Simon mago offerse del denaro per ricevere "questa potestà".

Dopo la sua conversione, Paolo da Tarso fu ripieno dello Spirito Santo e, molti anni più tardi, confermerà la propria esperienza del battesimo nello Spirito Santo dicendo: "Io ringrazio Dio che parlo in lingue più di tutti voi".

I credenti di Cesarea ricevettero il battesimo nello Spirito Santo perché Pietro e quelli che erano con lui rimasero stupiti in quanto" li udivano parlare in altre lingue e magnificare Iddio". L'apostolo Pietro testimonierà in seguito che l'esperienza dei credenti di Cesarea era perfettamente biblica, dicendo: "Lo Spirito Santo scese su loro, com'era sceso su noi da principio".

Anche i credenti di Efeso, dopo che lo Spirito Santo scese su loro, "parlavano in altre lingue e profetizzavano".

L'espressione: "segno iniziale" è usata per definire l'evidenza esteriore dell'arrendimento del credente alla volontà e alla potenza dello Spirito Santo. Praticamente, gli effetti del battesimo nello Spirito Santo si manifestano nel credente incoraggiandone la progressiva santificazione, cioè il continuo processo di separazione da tutto ciò che è malvagio e di consacrazione della propria vita a Dio, con l'offerta costante di ogni facoltà umana al dominio e al controllo dello Spirito Santo. Infatti, la Bibbia insegna che il cristiano deve perseguire un'esistenza vissuta nella "santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore". Lo Spirito Santo rende il credente capace di ubbidire all'ingiunzione: "Siate santi perché io sono santo".

La santificazione si può realizzare identificandosi ogni giorno per fede nella morte e nella risurrezione di Cristo e presentando i propri corpi "in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio", con un arrendimento incondizionato all'opera dello Spirito Santo, che rende capaci di ubbidire a tutta la verità delle Sacre Scritture.

Oltre che stimolare la santificazione individuale, il battesimo nello Spirito Santo ha lo scopo di conferire autorità e potenza ai credenti per l'attuazione del "Grande Mandato" di Cristo. Gesù infatti, prima di ascendere al cielo, disse ai Suoi: "Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra".

I carismi e le grazie dello Spirito Santo

"CREDIAMO AI CARISMI E ALLE GRAZIE DELLO SPIRITO SANTO NELLA VITA DEI CRISTIANI CHE, NELL'ESERCIZIO DEL SACERDOZIO UNIVERSALE DEI CREDENTI, SI MANIFESTANO PER L'EDIFICAZIONE, L'ESORTAZIONE E LA CONSOLAZIONE DELLA COMUNITÀ CRISTIANA E, CONSEGUENTEMENTE, DELLA SOCIETÀ UMANA"
(I CORINZI 12:4-11; GALATI 5:22; EBREI 13:15; ROMANI 12:1).

Il termine "carisma" è usato nel Nuovo Testamento con il significato di capacità, facoltà ricevuta come conseguenza della grazia divina. I carismi sono distribuiti dallo Spirito Santo "a ciascuno in particolare come Egli vuole" e la loro manifestazione è data "per l'utile comune".

In 1Corinzi 12:8-11, viene fornito l'elenco dei "carismi" che sono suddivisi in tre classi:

Quelli relativi alla conoscenza soprannaturale: parola di sapienza, parola di conoscenza e discernimento degli spiriti;

Quelli relativi alle azioni soprannaturali: fede, potenza d'operare miracoli e doni di guarigione;

Quelli relativi alla parola soprannaturale: profezia, lingue ed interpretazione delle lingue.

I carismi si manifestano nella comunità cristiana "per l'edificazione, l'esortazione e la consolazione" e vengono distribuiti dallo Spirito Santo ad alcuni credenti nell'esercizio del sacerdozio universale, in quanto crediamo che nel culto della comunità cristiana ognuno, guidato e ripieno dello Spirito Santo, può essere uno strumento usato da Dio per la benedizione degli altri.

Con l'espressione "grazie dello Spirito Santo" si intende particolarmente quello che nel Nuovo Testamento è definito il "frutto dello Spirito", così come è descritto nell'epistola ai Galati (5:22). Si tratta della manifestazione del carattere di Cristo, riprodotto dallo Spirito Santo nella vita del credente che si dispone da parte sua a manifestare "ogni premura" perché queste grazie abbondino.

I carismi e le grazie dello Spirito Santo testimoniano quindi, anche nell'ambito della società, dell'efficacia dell'opera di Cristo nella vita di quanti credono ed accettano per fede le promesse di "Tutto l'Evangelo".

I ministeri del Signore glorificato

Validità del Primo Concilio Cristiano

"CREDIAMO ALL'ATTUALITÀ E ALLA VALIDITÀ DELLE DELIBERAZIONI DEL CONCILIO DI GERUSALEMME, RIPORTATE IN ATTI 15:28,29; 16:4"

Il primo Concilio o Convegno della Chiesa Cristiana, ponendo termine alla controversia tra Giudei e pagani convertiti al cristianesimo sull'obbligo di osservare la legge cerimoniale dell'Antico Testamento, stabilì, una volta per sempre, la necessità di "astenersi dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e dalla fornicazione".

La suddetta decisione proposta da Giacomo, condivisa da tutti dopo la conferma dello Spirito Santo, aveva lo scopo di sancire l'assoluta separazione dei cristiani da qualsiasi forma di culto pagano, immorale e idolatrico, e la validità dell'ingiunzione divina rivolta a Noè di non mangiare il sangue di animali, prima ancora dell'istituzione della Legge per ragioni di carattere tipologico e spirituale.

La risurrezione

Il battesimo

La cena del Signore

Note conclusive

Patto o Alleanza

Il concetto di testamento, dà l’idea di ricevere autorità da qualcuno che non c’è più e che, ha lasciato scritto di amministrare il suo volere. Questo concetto lo rende chiaro la chiesa cattolica-romana, facendo della Parola di Dio una sua prerogativa.   

Il concetto di patto invece, dà l’idea di qualcosa di inviolabile fra esseri viventi.

L’idea del concetto di Patto viene rilevato nel giardino dell’Eden, descritto in Genesi Cap. 2: “Dio il SIGNORE piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato. Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male (vv. 8,9). “Dio il SIGNORE prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. Dio il SIGNORE ordinò all'uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai».  (vv. 15-17). Il terzo capitolo, sempre della Genesi descrive la disubbidienza di Eva e Adamo; un altro Patto inviolabile lo troviamo al v. 24, nell’istituzione del matrimonio (Ge. 2:24; cfr. Mt. 19:6).

Dio creò l’uomo a Sua immagine e somiglianza, con il desiderio di avere una relazione intima con le Sue creature. “Poi udirono la voce di Dio il SIGNORE, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il SIGNORE fra gli alberi del giardino. Dio il SIGNORE chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?»” (Ge. 3:8,9).

“Quando Abramo ebbe novantanove anni, il SIGNORE gli apparve e gli disse: «Io sono il Dio onnipotente; cammina alla mia presenza e sii integro; e io stabilirò il mio patto fra me e te e ti moltiplicherò grandemente».  Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in possesso perenne; e sarò loro Dio». Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso” (Ge. 17:1,2,7,8,10).

“Stabilii pure il mio patto con loro, per dar loro il paese di Canaan, … Perciò, di' ai figli d'Israele: "Io sono il SIGNORE; quindi vi sottrarrò ai duri lavori di cui vi gravano gli Egiziani, vi libererò… Vi prenderò come mio popolo, sarò vostro Dio e voi conoscerete che io sono il SIGNORE, il vostro Dio… Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia (Es. 6:2-7; 19:5). “Abiterò in mezzo ai figli d'Israele e sarò il loro Dio. Essi conosceranno che io sono il SIGNORE, il loro Dio; li ho fatti uscire dal paese d'Egitto per abitare in mezzo a loro. Io sono il SIGNORE, il loro Dio” (29:45,46).

“Ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui io farò un nuovo patto con la casa d'Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che feci con i loro padri il giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese d'Egitto: patto che essi violarono, sebbene io fossi loro signore», dice il SIGNORE; (Gr. 31:31,32)

Usare il termine Testamento in vece di Patto, è al quando improprio. Nella società civile, si sa, “testamento” è l’atto scritto con cui una persona esprime la propria volontà riguardo ai suoi beni per quando sarà morta. Un Patto, stabilisce l’accordo tra due parti che vivono e si impegnano a mantenerlo saldo. Per esempio: il Patto coniugale fra marito e moglie (cfr. Ro. 7:1-6); l’alleanza tra Abramo e Abimelec (Ge. 21:27,32); il divieto di fare alleanza con gli idolatri (Es. 34:12-15); il Patto di Dio con Abramo (Ge. 17:7); con Israele (Es. 6:5-7; cfr. Gr. 7:23; 11:4); la promessa di un nuovo Patto (Gr. 31:31-33; Eb. 8:10); (Ex. 16:8; cfr. 20:37); il Nuovo Patto stipulato da Gesù con i Suoi discepoli: “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi” (Lu. 22:20; 1 Co. 11:23-26). Il termine Testamento applicato alla Parola di: “«colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente»” (Ap. 1:8), non sembra essere corretto! Anzi, a dire il vero, non è affatto corretto. Per esempio: la chiesa cattolica applica il termine Testamento alla lettera, facendo della Parola di Dio una sua prerogativa, esclude l’Iddio vivente e vero e lo sostituendo con il papa, che mostra una potenza molto superiore a quella di Dio.

Dio ha creato l’uomo usando solo una materia: “Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un’anima vivente” (Ge. 2:7) e la donna usando la costola di Adamo (2:21,22). Il papa e la sua combriccola invece usa: cadaveri, gesso, legno, terracotta, ferro, bronzo, oro, argento e altro per fare delle statue, poi li “benedice” e li proponi esseri da riverire e adorare!?

Il concetto trinitario è frutto della filosofia Greca

“Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv. 8:31,32). 

La parola "Trinità" appare per la prima volta verso il 180 d. C. a opera dell'apologista Teofilo di Antiochia. In seguito, la dottrina della Trinità venne progressivamente delineata e difesa dai “padri della Chiesa imbevuti dalla filosofia Greca” (fra gli altri da Atanasio, Basilio di Cesarea e Ilario di Poitiers) e dai concili tra il II e il IV secolo d. C. contro le numerose “eresie”, che rifiutavano l'uguaglianza delle tre persone in Dio, in particolare il monarchianismo e l'arianesimo. I due concili di Nicea (325 d. C.) e Costantinopoli (381 d. C.), entrambe convocati e presieduti dagli imperatori romani (Nicea Costantino I e Costantinopoli Teodosio detto il grande) stabilirono l'unica natura di Dio e le distinzioni delle tre persone, la loro uguaglianza e la loro consustanzialità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, senza conoscere nulla di teologia. La Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, tuttavia, differiscono nell'interpretare il dinamismo trinitario: per gli ortodossi lo Spirito Santo procede solamente dal Padre, mentre per la Chiesa cattolica procede dal Padre e dal Figlio. Agostino, nel suo De trinitate, propose una spiegazione della Trinità procedendo da un modello psicologico: egli istituì un parallelismo tra le tre persone e le facoltà dell'anima umana. Come si può notare della Parola di Dio non vi è traccia, tutto ruota intorno a delle discussioni filosofiche-ideologiche.

Natura delle divinità romane

Nella sua monumentale Storia di Roma (1854-1856) l'insigne storico tedesco Theodor Mommsen analizza le origini e le caratteristiche della religione romana. Alla base di essa, secondo lo studioso, vi sono concetti di personificazione e astrazione, ma anche il bisogno di un ordine e di una classificazione ispirati alla divisione di persone e cose secondo le linee del diritto privato. Tra le più antiche divinità romane si annoverano quelle della semente, del lavoro dei campi, del suolo, del confine: tra queste il più "speciale e proprio dei romani" è il Giano bifronte, il dio che veglia sulle porte e i passaggi.

"La sostanza della mitologia romana, come dell'ellenica, è l'astrazione e la personificazione; anche il nume degli Elleni è il riflesso di un fenomeno della natura, o la concretizzazione di un'idea; e anche al Romano come al Greco ogni nume appare sotto forma di persona, come prova il concetto che ogni deità è maschio o femmina, e l'invocazione al nume ignoto "Sei tu dio o dea, maschio o femmina?". Quindi la profonda convinzione che si debba gelosamente serbare segreto il nome del vero genio tutelare del comune, affinché non lo apprenda il nemico, e chiamando il dio con il suo nome, non l'attiri di là dai confini. Un residuo di questo potente concetto è particolarmente unito alla più antica e più nazionale delle divinità, cioè a Marte. La religione romana non ha, nelle sue scarse e aride creazioni, nulla che anche lontanamente possa contrapporsi al culto apollineo, trasfigurazione di ogni bellezza corporea e morale, né alla divina ebbrezza dionisiaca, né ai profondi e arcani riti etnici, né al simbolismo dei misteri. Essa ha anche l'idea di un "dio cattivo" (Vediovis), della divinità della malaria, della febbre, dei morbi e forse anche del furto (laverna), e la coscienza di apparizioni di fantasmi (lemures), ma tutto ciò non vale a produrre quel sacro orrore del terribile e dell'ignoto, a cui tende l'anima umana, né a spingere il pensiero verso l'incomprensibile, o personificarlo con il male, che si trova nella natura e nell'uomo, e che è pure un aspetto che non deve mancare nella religione, se in essa deve interamente estrinsecarsi e manifestarsi tutto l'uomo".

Anabattisti, mistici, antitrinitari

Accanto al movimento religioso diretto da Lutero, Zuinglio, Calvino e dai loro discepoli, che diede origine alle grandi chiese della Riforma, si sviluppò parallelamente una serie di correnti laterali.

I «radicali» formano una varia e multiversa compagnia. Essi, nella loro religiosità e nelle loro idee, si differenziano in parte fortemente gli uni dagli altri ma sono d'accordo nel respingere decisamente cosi il protestantesimo come il cattolicismo. Si possono distinguere in tre gruppi: il gruppo degli anabattisti, i mistici speculativi e gli antitrinitari. Non esiste netto distacco ideologico tra gli uni e gli altri.

Dal grande fermento religioso sorto dalla comparsa di Lutero nella storia, emerse, dal 1520, una tendenza utopistico-fanatica. Il carattere distintivo di questi sognatori l'appello all'esperienza personale di una rivelazione soprannaturale. Il primo grande agitatore di questi utopisti fu Tommaso Miinzer. Mentre egli era parroco in Zwickau trovò aderenti tra gli operai tessili rivoltosi e poi, espulso da Zwickau, operò in diversi luoghi della Turingia e infine, implicato nella sconfitta della guerra dei contadini, fu decapito come reo di rivolta.

Lo specifico anabattismo, cioè il rifiuto del battesimo dei bambini e la richiesta di un battesimo degli adulti, apparve in Zurigo nell'anno 1524. Zuinglio lottò decisamente contro questi che egli chiamava «masnada» e indusse il consiglio di Zurigo a una dura persecuzione. Essa ebbe per effetto una diffusione straordinariamente rapida: presto la zona delle Alpi, la Moravia, il Basso Reno e la Frisia furono inondate da apostoli anabattisti erranti.            

Gli anabattisti si diffondevano soprattutto nelle cerchie piccolo-borghesi. Essi fondavano piccole tranquille comunità d'una singolare pietà. Le idee proprie degli anabattisti sono: diffidenza verso lo stato e qualunque chiesa di stato: fondazione di una eticità legalistica, specialmente sulla base del Sermone sul monte; tollerante, umile sofferenza di ogni ingiustizia e di ogni atto di forza, specialmente da parte dell'autorità; dottrina mistica della «luce interiore» cioè istanza a una propria illuminazione profetica; pretesa di potere formare comunità di «santi» effettivi; esigenza del battesimo da adulti. Con ciò si collegarono spesso anche tendenze comunitarie e una fantastica apocalissi e, presso alcuni, anche gravi trasgressioni morali.

Dei punti suesposti, due contrastano particolarmente coi principi del protestantesimo: l'istanza alla «luce interiore» contro la convinzione protestante che la sacra scrittura è la sola fonte della rivelazione, e la pretesa anabattista di fondare comunità di santi effettivi, contro la dottrina della giustificazione per fede.

Benché gli anabattisti, a differenza da Mtinzer, aborrissero dalle sedizioni politiche, subirono per decenni inesorabili persecuzioni, sia da parte cattolica sia da parte evangelica. Innumerevoli anabattisti furono arsi, squartati, affogati, impiccati, ecc. Sotto la pressione della persecuzione, il concetto della tranquilla sofferenza si mutò, in un gruppo di anabattisti, nella fantasia che Dio comandi ai suoi l'annientamento degli infedeli colla spada. Da questa selvaggia fantastica predicazione venne fuori il tremendo «regno di Cristo» in Munster. Nel 1535 Munster fu espugnata da alcuni principi e fu inflitta una tremenda condanna sugli anabattisti vinti.

I protagonisti del dramma anabattista, dopo la morte di Tommaso Miinzer (1525), sono il pastore Balthosar Httbmeier, di Waldshut (Zurigo); perito sul rogo a Vienna nel 1528; Melchior Hoffmann, tempra di profeta e visionario, che annuciò l'imminente ritorno di Cristo, invitando i suoi eletti a impugnare la spada dell'Eterno contro i malvagi, e che sfuggito alle persecuzioni cattoliche, fu arrestato dai protestanti a Strasburgo e tenuto dieci anni in carcere, pena che egli sopporto con ammirevole e lieta rassegnazione; Giovanni Mathys, fornaio di Harlem. Fu lui che credette di poter stabilire il centro della novella Sion nella città di Munster, in Westfalia, ove un movimento religioso-politico e sociale si era prodotto tra gli artigiani sotto la guida dell'ex-prete Rothman e del borgomastro e capo delle corporazioni Bernardo Knipperdolling. Egli fu raggiunto a Miinster da Giovanni Bockelson, detto Giovanni da Leida, adolescente di bella presenza, di vaste ambizioni e di eloquenza travolgente. Mathys e Bockelson ebbero presto una autorità incontrastata sugli animi della città che si popolò di fratelli desiderosi di fondare la nuova Gerusalemme.

In un entusiasmo indescrivibile, i nuovi profeti cacciarono dalla citta gli infedeli e instituirono il comunismo dei beni. La reazione non si fece aspettare. Il vescovo di Munster, Francesco von Waldeck, che era fuggito dalla città, la cinse d'assedio. Sotto l'impero delle sue visioni. Giovanni Mathys tentò una sortita disperata, e fu fatto a pezzi. Mentre l'assedio diventava sempre più duro, Giovanni da Leyda, signore incontrastato della citta, nominatosi novello Davide, dava alla cittadella dell'anabattismo una costituzione e tra l'altro istituiva la poligamia per assicurare alle numerose donne nubili una protezione. Non è facile naturalmente dare un apprezzamento oggettivo sopra quel tentativo di costituzione fatto sotto il fuoco nemico, e subito coperto di calunnie dagli avversari. La città cadde nella notte del 24 giugno 1537 per tradimento. Giovanni da Leida fu rinchiuso in una gabbia di ferro, trascinato per sei mesi da una località all'altra del ducato e finalmente ucciso. La gabbia con il suo sinistro contenuto rimase appesa fino al principio del nostro secolo al campanile della chiesa di S. Lamberto in Munster.

Dopo la conquista di Munster l'entusiasmo delle comunità anabattiste diminuì: e, per primo, Menno Simons, già prete cattolico in Frisia, raccolse gli anabattisti moderati in comunità di «tranquilli». Dopo alcune persecuzioni subite con costanza, la setta dei mennoniti ottenne tolleranza in Olanda e più tardi anche nella Svizzera, nel Palatinato e in alcune città della Germania del nord. Essa non ammette il battesimo dei bambini, il giuramento e il servizio militare.           

Menno Simons (1496-1561) trasforma i relitti dell'incendio anabattista in una setta di «tranquilli», la cui caratteristica principale, con l'andare del tempo, diventerà la non violenza. In Inghilterra le propaggini mennonitiche diedero origine alle comunità battiste, e di là emigrarono nell'America settentrionale, ove ne sopravvivono nuclei importanti, animati da un vivo senso della loro tradizione e da una efficiente carità cristiana.

Accanto a questi vi furono dei singoli individualisti i quali si davano a una particolare forma di mistica e si tenevano lontani sia dalle grandi chiese sia dalle comunità anabattiste, oppure appartenevano a esse soltanto esteriormente. La loro idea distintiva è l'opinione che la «luce interiore», la rivelazione personalmente sperimentata, sia la sola fonte della certezza e che perciò la “lettera della sacra scrittura debba essere subordinata allo «spirito» (spiritualismo). II più significativo rappresentante di questa mistica speculativa fu il tedesco meridionale Sebastian Frank (m. 1542 o 43). Rifiutando sia il papato, sia Lutero, Zuinglio e gli anabattisti, in quanto incorrenti anch'essi nel legalismo, egli rappresenta un individualismo che rinuncia a qualunque culto. Sotto molti aspetti, Frank è molto più vicino dei riformati, al pensiero moderno.

La mistica non aveva trovato diritto d'asilo nella riforma luterana o calvinista, di impronta biblica, teologica, ecclesiastica, e se mai umanistica e giuridica. Essa fiorisce soltanto al margine della Riforma, come si era sviluppata ai margini del cattolicesimo. Accanto a Sebastiano Frank, di Donauworth, prete, poi pastore, infine scrittore popolare indipendente ed editore, in Ulm e Balisea, devono essere ricordati Valentino Weigel (m. 1588), e soprattutto Jakob Boehme (m. 1824), autore del libro: Aurora, pubblicato postumo (1634). Altri diede nelle speculazioni teosofiche, come Gaspare Schwenkfeld (1489-1561).

In alcuni ambienti di dotti umanisti corse una terza corrente paraprotestante: in questa si tratta di una sobria, razionale critica al dogma cattolico specialmente alla dottrina ecclesiastica della trinità. Il più significativo rappresentante di questa corrente fu lo spagnolo Michele Serveto il quale voleva riformare il cristianesimo colla sua attività letteraria. Serveto era uno spirito non comune, un uomo molto versatile, ricco di profonda religiosità e sinceramente riverente di fronte alla sacra scrittura e a Cristo. Con acutezza egli riconobbe, superando il suo tempo, la differenza tra il Cristo degli evangeli e il Cristo della dottrina ecclesiastica e le differenze tra la cristologia dei padri preniceni e la cristologia nicena; scampato alla inquisizione cattolica, egli fuggi a Ginevra; qui fu, a richiesta di Calvino, arrestato, e condannato dal Consiglio al rogo (1553); Calvino si adopera in ultimo invano per una morte più mite.

I rappresentanti dell'antitrinitarismo, soprattutto umanisti italiani, trovarono rifugio in Polonia e in Transilvania. In Polonia Fausto Socino fondò nel 1579 una chiesa di confessione antitrinitaria, la chiesa dei sociniani. Il loro centro era Rakow nel Palatinato Sandomir, il loro testo era il catechismo di Rakow (1605). Ma questa forma di chiesa dopo pochi decenni soggiacque ai gesuiti i quali nel 1638 distrussero la scuola di Rakow e nel 1658 ottennero l'espulsione dei sociniani dalla Polonia.

Nell'antitrinitarismo del secolo XVI si possono distinguere due correnti, quella speculativa, mistica, neoplatonica, rappresentata soprattutto da Serveto, e quella biblico-critica, personificata dai due Sozzini (o Socini).

Michele Serveto nacque probabilmente a Villanova (Spagna nel 1509. Uomo di varia e vasta intelligenza, si avvicina - alla Riforma senza aderirvi, studia medicina, e ha Ia prima intuizione della circolazione polmonare, scrive un trattato contro Ia dottrina ecclesiastica della trinity (De Trinitatis erroribus, 1531) che gli attira le ire dei protestanti come dei cattolici, vive sotto falso nome, facendo il tipografo e il medico, sferra contra Calvino un attacco letterario con la Christianismi restitutio (1553), che sin dal titolo vuol essere una confutazione della «Institutio christiana», è scoperto a Vienne, arrestato e bruciato vivo a Ginevra nelle circostanze a cui è stato accennato. L'antitrinitarismo di Serveto è simile al subordinazionismo dei teologi platonici del III secolo (Origene). Cristo è bensì il Verbo, ma il Verbo non è coeterno con il Padre, è la prima di tutte le creature: Figlio di Dio eterno, ma non Figlio eterno di Dio. Egli è il capo del mondo intelligibile, il sole del mondo delle idee, generato dalla sostanza divina, mediatore tra il finito e l'infinito, consustanziale, come tutte le creature, con Dio. Ma Serveto nega il dogma niceno e la cristologia calcedonese, e risolve il cristianesimo in una mistica panteistica. La Riforma invece, appunto perché vuol essere una «Riforma» della Chiesa, e non una mistica speculativa, mantiene fermamente il dogma niceno-calcedonese, come l’interpretazione autentica della fede della chiesa primitiva. Lo scontro era dunque inevitabile, e non di secondaria importanza.

Le concezioni neoplatoniche, sono meno sensibili nelrantitrinitarismo italiano, totalmente assenti nei due Socini. Lelio Sozzini, da Siena (1525-1562) e suo nipote Fausto (1539-1604) conducono a conseguenze radicali il metodo del ritorno alle origini inaugurato dalla riforma. I riformatori erano tornati dalla chiesa medioevale alla chiesa antica e dalla scolastica alla Bibbia e alla patristica. Nonostante l'affermazione enfatica del principio: «sola Scriptura», essi tenevano in gran conto la storia della chiesa nei primi secoli, che consideravano come sostanzialmente fedele al messaggio evangelico; e vedevano nella dottrina paolina della giustificazione il centro focale dell'Evangelo, anzi di tutta la Bibbia. Ma la critica sociniana investe il dogma della trinità, come non biblico, la dottrina cristologica dei primi secoli, come speculazione ellenica, e dalla divinità di Cristo si estende alla dottrina della salvazione, criticando la concezione giuridica della espiazione, che da Anselmo era divenuta ufficiale nella Chiesa e che era stata mantenuta, anzi per certi aspetti accentuata dalla riforma, per la sua concezione della giustificazione come imputazione «forense» della giustizia acquistata da Cristo mediante il suo sacrifizio; e dalla dottrina anselmiana la critica risale all'apostolo Paolo e alla sua dottrina della salvazione; e risale ai presupposti stessi di questa, alla dottrina del peccato originale. Tutti gli aspetti più tragicamente profondi della concezione cristiana, come si erano precisati da Paolo ad Agostino, a Lutero erano revocati in dubbio, in base ad una critica storica permeata di eticismo e di una sobria religiosità affine a quella di Erasmo. E ovvio che questa critica non poteva venire accolta dalla riforma, al momento stesso in cui cercava di consolidarsi sul fondamento di una rinnovata coscienza della interpretazione agostiniana del messaggio cristiano. Perciò l'antitrinitarismo italiano va errabondo, portando la sua inquietudine per tutta l'Europa. Esso doveva acquistare importanza soltanto a partire dal secolo XVII, combinandosi con altre correnti come l'arminianismo, e soprattutto nel secolo XVIII; la religione naturale dell'illuminismo ne fu il frutto maturo. Oltre ai Socini devono essere ricordati, tra gli antitrinitari italiani, Camillo Renato, siciliano, che fu il maestro di Lelio Sozzini, Matteo Gribaldo, da Chieri, che ardì fare la apologia delle idee di Serveto all'università di Padova, Giorgio Biandrata, medico saluzzese, che ebbe la fiducia e i favori del re Sigismondo di Polonia, Valentino Gentile, da Cosenza, che fini decapitato a Berna.

Questi nomi, oltre a quelli di Giampaolo Alciavi? Francesco Negri e Bernardino Ochino figurano come partecipanti a certe adunanze segrete tenute a Vicenza da una quarantina di filosofi italiani nel 1546. Vicenza era un centro del movimento anabattista; e infatti vi sono affinità e contatti evidenti tra l'anabattismo e l'antitrinitarismo in Italia come ovunque. Ma del movimento anabattista veneto sappiamo ben poco, e doveva essere esaurito verso ii 1550 -52.

In tutte quelle storiche circostanze, al presente profeticamente risponde l'Apostolo Paolo nella Lettera ai Romani 1:18-25 dichiarando: " L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; 19 poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro;  infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato. Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen".