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Sviluppo del Cristianesimo

Il passaggio del Nuovo Patto dalla sua terra d'origine giudeo-palestinese nella cultura pagana greco-romana, nell'ambiente delle grandi città mediterranee, costituì il maggiore progresso fatto dal Nuovo Patto nei primi decenni. I due diversi aspetti del cristianesimo stavano ora uno accanto all'altro, il cristianesimo giudaico e il cristianesimo greco.

Il rapido fiorire del cristianesimo greco si allaccia alla formidabile attività dell'apostolo Paolo, un giudeo della diaspora e già dottore della legge, nato a Tarso in Cilicia. Egli non solo è stato tra í primi missionari il più attivo e ricco di successo, il fondatore, in un vasto territorio, d'un considerevole numero di comunità greco-cristiane, ma anzitutto colui che ha dato alle sue comunità la base teologica per la libertà dalla legge ebraica e colui che, in appassionata lotta col partito dei primitivi apostoli tendente nella comunità di Gerusalemme allo stretto farisaismo, ottenne il riconoscimento della missione tra i pagani. Questo fu il momento decisivo per l’espansione del Nuovo Patto: se quei «falsi fratelli», che volevano costringere i convertiti tra i greci alla legge e alla circoncisione, fossero riusciti nel loro intento, la missione tra i greci sarebbe stata colpita a morte e il cristianesimo avrebbe indietreggiato dalla posizione mondiale a quella di una setta interna del giudaismo.

La vittoria di Paolo sui suoi avversari giudeo-cristiani decise il completo distacco della cristianità dal giudaismo. Quando Gerusalemme nell'anno 70 fu distrutta dai romani e lo stato giudaico fu annientato, anche il cristianesimo giudaizzante decadde e rimase limitato in Siria e si mantenne ancora alcuni secoli. Come una concezione arretrata che dagli elleno-cristiani fu considerata eretica. L'avvenire apparteneva al cristianesimo greco.

Il primo problema

“Il primo problema che pose di fronte i rappresentanti della comunità di Gerusalemme e i nuovi credenti provenienti dal paganesimo fu questo: i nuovi convertiti devono considerarsi come aderenti al giudaismo, nella sua particolare forma cristiana, o a qualche cosa di interamente nuovo? Se dovevano essere considerati come proseliti giudei, la via per ammetterli nella Chiesa doveva essere la circoncisione: tale fu la soluzione conservatrice caldeggiata dalla comunità di Gerusalemme, presieduta dal «fratello del Signore», Giacomo. Questa soluzione fu combattuta dal partito innovatore, che aveva la sua base nella chiesa di Antiochia, e in Paolo il suo più grande sostenitore.

Paolo sosteneva che l'avvento di Cristo significa la fine dell'evo precedente: epoca di segni, di ombre, di riti ammonitori. La fede in Cristo, suprema realtà spirituale, è anche somma libertà: il cristiano non è sottomesso a nessuna «legge» se non a quella interiore dello Spirito e della grazia. La polemica di Paolo contro la «legge» è tutta materiale di esperienza personale. Lo zelante fariseo, che con tutta la sua fedeltà alla «legge» si era trovato nella posizione falsa di oppositore di Cristo, aveva dovuto riconoscere con intimo tormento la natura provvisoria, ingannevole di una religione di riti, di regole, di opere meritorie: da essa il giovane fariseo aveva ricavato soltanto una soddisfatta sicurezza di sé, che al momento cruciale si era rivelata vana. Non è questa la sorte di tutte le tecniche spirituali di auto-elevazione? Ma le promesse più fulgide della Bibbia, che si riassumevano nell'annunzio del gran giorno della misericordia e della liberazione, non erano per i ricchi spirituali, erano per i poveri. Il «ricco» Saulo s'era fatto «povero», per «conoscere Cristo, e la potenza della sua risurrezione, e la comunione delle sue sofferenze» (Fl. 3:1-11). La «giustificazione per fede» aveva ritrovato, dopo i profeti ebraici, un grandissimo assertore.

Lo spostamento della missione cristiana dal suolo palestinese a quello ellenistico ebbe anche come conseguenza una notevole modificazione della sua terminologia. Il concetto ebraico del Messia, la figura ebraica del Servitore sofferente di Dio non avevano alcun significato per i convertiti del mondo ellenistico. Paolo designa il Cristo con il termine: il Signore, Kyrios, che le religioni orientali davano alle divinità redentrici dei culti misterici. Ma il Signor Gesù Cristo non ha in comune con essi altro che il nome. Il termine Kyrios, nella versione greca della Bibbia detta dei Settanta, è il titolo dell'Eterno, di Jahvè: il Dio che interviene sovranamente nella storia per liberare il Suo popolo. A differenza delle divinità misteriche, Cristo è il Signore della storia, colui nella cui persona Dio viene e verrà. Al tempo stesso, e con un'altra terminologia, egli è il «Figlio» di Dio, che si è reso ubbidiente alla volontà del Padre fino alla morte, e la morte sulla croce”.